
15 Lug Verbalia | Prompt
Sapere che cos’è un prompt – in senso tecnico, linguistico, filosofico – è utile a chi lavora con le tecnologie digitali o l’intelligenza artificiale, ma anche a chi opera nei contesti formativi o assume ruoli decisionali. Comprendere il prompt come concetto – prima ancora che come strumento – significa acquisire consapevolezza su come si formula, orienta e dirige una richiesta di conoscenza. Il prompting attiva un processo dai tratti quasi magici: trova significati in uno spazio di latenza. Qualcosa che richiama l’antica espressione ebraica ebrah k’dabri – abracadabra – che significa proprio io creo con la parola.
Un concetto multidimensionale
Il prompt è spesso inteso come una semplice richiesta fatta a un sistema. Tuttavia, a un esame più attento, si rivela un concetto multidimensionale che attraversa molteplici piani di significato; un nodo complesso in cui si intrecciano linguaggio, conoscenza e tecnologia. Analizzarlo da una prospettiva scientifica e filosofica – in particolare, epistemologica – consente di riconoscerlo come strumento di mediazione tra la soggettività umana e i processi computazionali: non solo una domanda, quindi, ma una soglia linguistica tra potenziale e reale.
Tra potenziale e reale
Il termine prompt deriva dal latino promptus, participio passato di promere, cioè trar fuori. A sua volta, promere deriva da pro– (avanti, fuori) e emere (prendere, estrarre). In origine, promptus indicava qualcosa che era stato reso visibile, portato alla luce, reso disponibile all’azione.
L’etimologia contiene già alcune dimensioni che oggi associamo al prompt. Ogni volta che formuliamo un prompt, infatti, attiviamo un sapere potenziale e lo portiamo a emergere. È un’azione che rende manifeste strutture cognitive spesso implicite, sia nei modelli di IA sia nei nostri processi mentali.
Costruire un contesto
Nel linguaggio dell’informatica e dell’IA, un prompt è una sequenza di input – testuali, visivi o simbolici – che stimola una risposta da parte di un sistema intelligente. La sequenza è costruita secondo regole sintattiche – esplicite o implicite – e ha lo scopo di attivare processi computazionali specifici. In un modello generativo, quindi, il prompt avvia l’elaborazione, e ne influenza anche il risultato. La risposta generata non è mai generica: è condizionata dal modo in cui l’input è stato formulato, in virtù di una dinamica probabilistica verificata all’interno del contesto computazionale ed epistemico definito dal prompt stesso.
Immaginiamo di usare il seguente prompt: Redigi un report sintetico sull’andamento dei colloqui di valutazione del personale nel primo semestre, evidenziando le aree ricorrenti di sviluppo emerse nei feedback. A ben vedere, qui non ci stiamo limitando a chiedere un’informazione. Stiamo usando un prompt che costruisce un contesto, stabilisce criteri e orienta la forma dell’output. Il prompt, quindi, non è più solo una domanda, ma un ambiente operativo che plasma l’elaborazione della conoscenza.
Orientare una risposta
Dal punto di vista filosofico, il prompt è un atto intenzionale, un gesto che nasce dal desiderio di comprendere o ottenere qualcosa. Si colloca tra linguaggio, conoscenza e intenzionalità. La dinamica interessante, poi, è proprio la tensione generativa tra cercare e trovare. Ogni volta che formuliamo un prompt, assumiamo che una risposta sia possibile. E in questa aspettativa è racchiusa una teoria della conoscenza implicita: il prompt è già orientato a una risposta che abbia senso all’interno di un determinato contesto semantico. Ma, bisogna sapere, che qualsiasi riposta coerente si possa ottenere, il risultato è sempre una sorpresa.
Prospettive filosofiche
L’interpretazione data del prompt trova argomentazioni valide nel pensiero filosofico contemporaneo. In Edmund Husserl, si trova l’idea che ogni atto intenzionale si orienti verso un oggetto di senso: in questa lettura, il prompt è un’espressione diretta dell’intenzionalità, un gesto che apre la possibilità di conoscenza e interpretazione. Ludwig Wittgenstein sosteneva che il significato delle parole, o più in generale delle espressioni linguistiche, sia indissolubilmente legato all’uso: da questa prospettiva, il prompt diventa un’azione linguistica situata, che si muove all’interno di un insieme di regole condivise e presuppone una certa idea di risposta attesa. Nella prospettiva ontologica ispirata a Giorgio Agamben, inoltre, il prompt può essere letto come una soglia: un passaggio tra ciò che è ancora in potenza e ciò che si attualizza, tra il latente e ciò che si rende manifesto.
Recentemente, Luciano Floridi ha proposto una lettura in chiave epistemologica: il linguaggio computazionale è una vera e propria interfaccia della conoscenza, e il prompt rappresenta il punto in cui dati, intenzione e significato si incontrano e si organizzano.
Tra intenzione e calcolo
Ogni prompt definisce, dunque, un modo di guardare la realtà. È già in sé un’azione che orienta, seleziona e struttura il sapere. Nei sistemi di intelligenza artificiale, l’effetto si amplifica: il prompt funziona come un ponte tra soggettività umana e elaborazione automatica. Ci sono, però, alcune questioni aperte:
- chi costruisce il significato della risposta?
- chi formula il prompt o chi elabora l’output?
Difficile offrire una risposta netta. Ma abbiamo già esplorato le premesse epistemologiche che ci permettono di pensare che la responsabilità della conoscenza prodotta si distribuisca tra umano e macchina, tra intenzione e calcolo. Il prompt agisce come una forma di mediazione simbolica. È un gesto che lavora sul non visibile e apre lo spazio per un’interpretazione. Mentre attiva un contenuto, ne costruisce anche il senso.
Tra soggettività e automazione
Il rapporto di co-costruzione dei significati, solleva ora una questione di responsabilità epistemica: quanto dipende dal modello, quanto dalla formulazione dell’input? Proviamo a rispondere con un caso.
Un’azienda decide di sviluppare una guida pratica per migliorare la comunicazione interna. Il responsabile della formazione utilizza un sistema di intelligenza artificiale, formulando il seguente prompt: Crea una guida pratica per migliorare la comunicazione interna tra i team. La chiarezza e la specificità del prompt sono decisive: una richiesta troppo generica produce contenuti dispersivi e poco applicabili; mentre un prompt preciso genera indicazioni concrete e facilmente implementabili. Ecco come, in questo processo, la responsabilità della qualità finale è condivisa tra l’esperto umano che formula la richiesta e il sistema che la elabora.
Fusione di orizzonti
Il prompt come segno – nella lettura semiologica – attiva un circuito di significazione che coinvolge linguaggio, contesto e interpretazione. Riprendendo Gadamer, potremmo dire che ogni prompt genera una fusione di orizzonti: una zona d’incontro tra l’universo del pensiero umano e le capacità generative della macchina.
Verso una nuova epistemologia digitale
L’uso crescente del prompt nella relazione tra esseri umani e sistemi intelligenti apre la strada a una nuova epistemologia: una disciplina che osserva come la conoscenza nasca da atti ibridi, dove si intrecciano soggettività, dati, regole linguistiche e modelli algoritmici.
Secondo questa prospettiva – suggerisce Luciano Floridi – i prompt diventano veri e propri mediatori e co-creatori del sapere. Non si limitano ad attivare risposte: partecipano alla costruzione di una nuova forma di conoscenza, più distribuita, dinamica e relazionale. È il cuore di un’epistemologia dell’informazione che ci riguarda, ogni giorno di più, in modo sempre più urgente.