Growth Mindset | Muoversi? Conviene.

Growth Mindset | Muoversi? Conviene.

È più conveniente muoversi in un incessante moto di evoluzione e trasformazione oppure è più vantaggioso fermarsi per fortificare quello che abbiamo raggiunto? Quando si parla di Growth Mindset si pensa subito a Carol Dweck, la divulgatrice di rilevanza internazionale che ha teorizzato il concetto di mentalità della crescita. Si tratta dell’idea per cui noi possiamo aumentare intenzionalmente la capacità del nostro cervello di apprendere, per risolvere problemi via via più complicati o per navigare sistemi sempre più complessi. La mentalità della crescita è opposta alla mentalità fissa, denominata Fixed Mindset, orientata alla conservazione e al consolidamento di quello che si è, che si pensa e che si fa.

Riflessioni per un gattopardismo contemporaneo

Netflix ha proposto di recente la breve serie Il Gattopardo. Immergersi nella storia del Principe di Salina, attraverso il sole, i fiori e i paesaggi della Sicilia dell’800 è un esercizio pratico per sostare nello spazio di confine tra il growth e il fixed mindset. Per gli amanti del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, riconosciuto solo postumo come un capolavoro a livello mondiale, il personaggio che potrebbe meglio rappresentare il Growth Mindset è Tancredi, il nipote prediletto del Gattopardo. Sua la celebre frase: se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.

Status quo

Consapevole dell’inevitabile decadere dei vecchi privilegi, Tancredi è uno dei primi a comprendere che è necessario muoversi per aprire un nuovo scenario. Nel corso del romanzo e anche nella narrazione cinematografica e televisiva, la mentalità aperta di Tancredi subisce dei condizionamenti, rimanendo impigliata nel vecchio sistema tanto odiato. Altri personaggi, minori ma fondamentali, rappresentano esempi perfetti di mentalità fissa: pensano, fanno, dicono tutto quello che serve, e anche di più, per acquisire privilegi ostentando un’adesione insincera alla nascente Italia unita, ma nascondendo il reale intento di preservare i sistemi del passato, perché conoscono solo quelli e solo così si sanno orientare. Da questi intrecci di personaggi, nasce il concetto di gattopardismo che nel tempo ha acquisito anche connotati politici: considerandone la sola natura storica, lo si può definire come un esempio di mentalità fissa. Ostentare un atteggiamento aperto al nuovo, ma cercare di conservare in realtà lo status quo ante.

Qualche pagliuzza dorata

Lo stesso Principe, il Gattopardo, non è poi così tanto gattopardiano, o meglio non lo è fino alla fine: vive un processo di evoluzione che, sul finire della vicenda in prossimità della sua morte, gli fa cercare qualche pagliuzza dorata fra le ceneri della sua vita. Ma è Concetta l’interpretazione più interessante dell’evoluzione da una mentalità fissa a una mentalità in movimento. 

La forza trasformatrice

Tenace osservatrice della realtà, ispirata a solidi valori, all’inizio nostalgica, ma poi illuminata da un desiderio di movimento che vuole allontanarla dalla Sicilia, dal padre e da tutto quello che rappresenta la fissità del passato. Nonostante la tragica fine del Gattopardo sembri essere la condanna della volontà di crescita e di indipendenza di Concetta, è proprio quello il momento in cui questa giovane donna acquisisce consapevolezza di sé, del suo valore e della sua forza trasformatrice. Il padre, in punto di morte, le chiede di andare avanti da sola, di guidare il fratello erede del titolo di Principe e di far crescere la famiglia in prosperità. Concetta deve muoversi e inizia subito a farlo. Alla fine della storia, il lettore o lo spettatore si immaginano una Concetta che cresce e che, con fatica, fa di tutto per adempiere alla volontà paterna. 

Come Concetta

Avere una mentalità orientata alla crescita vuol dire approcciarsi alle situazioni della vita con un approccio antifragile, più che resiliente. Non disdegnare le difficoltà ma, anzi, attraversarle per evolvere e trasformarsi, confidando nella possibilità di apprendere e migliorare. Nei momenti in cui riusciamo a farlo siamo un po’ Concetta. Lungi da essere una super eroina, non è scevra da fragilità, ripensamenti e nostalgie: riesce però a cogliere la tensione evolutiva degli eventi, a cercare nuovi orizzonti e nuovi progetti, ad imparare di nuovo.

Muoversi, che fatica

È evidente che agire una mentalità della crescita significa dedicare energia a disapprendere abitudini disfunzionali, a cogliere segnali di evoluzione, in noi, negli altri e nel mondo e ad apprendere di nuovo. Muoversi continuamente genera fatica. Le filosofie della decrescita felice, della fioritura personale e della sostenibilità ci avvertono di quanto sia fondamentale non inseguire a tutti costi una performance migliore, un progetto più ambizioso o un risultato più ampio. Ma il Growth Mindset è altro: chi ha una mentalità della crescita non apprende solo in virtù di obiettivi ottenuti, ma grazie al percorso per raggiungerli. Chi pratica questa mentalità, sbaglia bene perché apprende anche dagli errori, a prescindere dai risultati.

Stare fermi conviene?

Sicuramente ci sarà capitato nella vita di aspettare qualcosa. Un autobus, un passaggio, un regalo, l’esito di un esame, un feedback, l’arrivo di una persona. L’attesa, anche se non facciamo nulla, più è prolungata, più ci sfianca. Com’è possibile? Aspettare ci induce a perdere la presenza, cioè il contatto con il qui ed ora, e a viaggiare con la testa, a rimuginare, a interpretare, a lamentarci, a fare confronti. Un piccolo esempio, per dimostrare che l’attesa non ci priva della fatica, ma può al contrario rischiare di farci perdere quello che è importante.

E allora, forse, avere una mentalità dell’attesa, un fixed mindset, non conviene poi così tanto.

In pratica

Sul lavoro, per la mentalità fissa, le competenze si consolidano nel tempo, grazie all’esperienza; per quella della crescita, si sviluppano con fatica e sforzo. Le sfide vanno evitate per la prima, per evitare i fallimenti, per la seconda sono occasioni di crescita. Chi ha un fixed mindset considera il movimento e lo sforzo di cambiamento come inutile se non porta al risultato; si difende dai feedback e vive il successo degli altri come una minaccia per il proprio. Chi ha un Growth Mindset spera attivamente quindi apprezza lo sforzo anche a prescindere dal risultato; cerca i feedback e trova ispirazione dal successo altrui.

Un piccolo esercizio di self-coaching in tre step

  1. pensa agli ultimi 6 mesi, quanto/quando hai agito una mentalità fissa o orientata alla crescita?
  2. nelle due tipologie di occasioni, quanta fatica hai fatto? 
  3. in attesa e in movimento, cosa hai ottenuto?

Se il nostro bilancio dopo questo esercizio non è gattopardiano, allora siamo sulla buona strada per allenare il nostro Growth Mindset .

E intanto? Muoviamoci, conviene.

Alessandra Della Pelle
adellapelle@incontatto.it