Verbalia | Schadenfreude

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Verbalia | Schadenfreude

La Schadenfreude è il piacere derivante dalla sofferenza altrui, un’emozione complessa che riflette dinamiche psicologiche universali. Ciascuno ha provato almeno una volta la Schadenfreude che se diffusa nei contesti organizzativi, può avere effetti deleteri, alimentando rivalità e una cultura tossica. Promuovere trasparenza, empatia e riconoscimento autentico dei successi altrui può, tuttavia, contrastare questo fenomeno, trasformando il successo condiviso in un motore per la collaborazione e la crescita collettiva.

Gioia maligna

Schadenfreude è un termine tedesco composto da Schaden (danno) e Freude (gioia), e si riferisce alla gioia che si prova nel vedere la sofferenza di qualcun altro. Sebbene non esista una traduzione esatta in italiano, si può rendere il significato di Schadenfreude con le espressioni gioia maligna o piacere malizioso. La parola è attestata nella lingua tedesca dal XVIII secolo e ha guadagnato popolarità internazionale per descrivere un’emozione complessa che attiene a dinamiche psicologiche e interpersonali. Questa emozione è intrinsecamente legata all’esperienza universale di provare piacere per la sofferenza altrui.

Vinco io, se perdi tu

Dal punto di vista psicologico, la Schadenfreude è spesso connessa all’esperienza dell’invidia, alla competizione e al desiderio di superiorità. In situazioni di rivalità, infatti, il piacere derivante dalla sofferenza altrui può rappresentare una vittoria personale, soprattutto quando si percepisce che il fallimento di un rivale è meritato. Gli psicologi evolutivi suggeriscono che la Schadenfreude potrebbe avere una funzione nell’evoluzione, favorendo comportamenti che migliorano le possibilità di sopravvivenza in contesti sociali e competitivi. Questo fenomeno può funzionare, inoltre, come tentata soluzione psicologica per proteggersi, migliorando la percezione di sicurezza di sé rispetto agli altri, e contribuendo così a mantenere un apparente equilibrio emotivo, anche in situazioni difficili.

Una questione morale

La Schadenfreude è stato oggetto di numerose riflessioni filosofiche. Se da un lato il piacere che si prova nel vedere il fallimento altrui è una reazione umana naturale, dall’altro può sollevare interrogativi morali sull’empatia e sulla compassione. Immanuel Kant criticava il fenomeno della Schadenfreude, ritenendolo incompatibile con il rispetto della dignità umana. Al contrario, pensatori come Friedrich Nietzsche e Arthur Schopenhauer lo hanno interpretato come manifestazione di una forza egoistica o di una risposta alla sopravvalutazione della moralità.

Schadenfreude at work

Quando la Schadenfreude si diffonde in un contesto organizzativo, può generare dinamiche sociali e relazionali complesse, spesso con conseguenze negative. Negli ambienti professionali caratterizzati da competizione e rivalità, il piacere derivante dal fallimento altrui può alimentare, infatti,  una cultura tossica, in cui la collaborazione viene sacrificata in favore di atteggiamenti individualistici. La perdita di fiducia tra membri di un team è un primo segnale, seguito dalla distorsione della comunicazione e da una crescente sensazione di disconnessione dal gruppo.

Si tratta, quindi, di un fenomeno che può generare una competizione malsana, dove l’attenzione si sposta dalla crescita collettiva al desiderio di emergere a scapito degli altri. In simili contesti, la Schadenfreude rischia di diventare una norma implicita, contribuendo a indebolire lo spirito di squadra e l’impegno verso obiettivi comuni. Quando la sfortuna di un collega viene percepita come una vittoria personale, l’organizzazione nel suo complesso ne risente in termini di produttività e benessere.

Empatia e collaborazione

Per contrastare gli effetti negativi della Schadenfreude, le organizzazioni possono promuovere una cultura fondata su valori come la trasparenza, il rispetto reciproco e il riconoscimento sincero dei successi altrui. Celebrare i risultati in modo autentico, evitando forme di competizione disfunzionali, può contribuire a costruire relazioni solidali e durature. Un clima di lavoro positivo, in cui l’empatia e la reciprocità prevalgono, riduce l’insorgere di forme di rivalità distruttiva, incoraggiando i membri del team a collaborare e supportarsi a vicenda.

Progettare programmi di sviluppo personale e team building può essere un modo efficace per sensibilizzare i membri dell’organizzazione sull’importanza di emozioni positive e comportamenti costruttivi. Creare spazi sicuri per il dialogo e il confronto può inoltre favorire un ambiente in cui il successo altrui sia visto come fonte di ispirazione, e non come una minaccia.

 

Alessia De Carli
adecarliff@incontatto.it