Come uscire dalla crisi?

Come uscire dalla crisi?

Come accompagnare professionisti e aziende verso scenari di business più rosei? Come raggiungere gli obiettivi di efficacia ed efficienza, nonostante il contesto di mercato? Come non perdere e far perdere la motivazione al successo? Identificare target alternativi di clienti, differenziare il business, aprirsi all’innovazione, acquisire una prospettiva glocale … Un esempio da analizzare.

Di ricette per uscire dalla crisi, navigando su web, divagando in una libreria o facendo zapping in tv se ne trovano molte. Pensatori di ogni ambito geografico e di pensiero si sono affrettati a pubblicare e diffondere il proprio metodo, sperando di essere i primi a uscirne e di trascinare dietro di sé come pifferai magici interminabili masse di persone. Anche la Harvard Business School ha identificato da poco la sua ricetta: Deepak Malhotra, titolare della cattedra di Business Administration, individua i 15 passi per creare un’opportunità professionale. Essere piacevoli e convincenti, mostrarsi affidabili, catturare l’interesse dell’interlocutore/del mercato, chiarire i confini, essere sinceri, interpretare le intenzioni dell’interlocutore/del mercato, valutare anche gli aspetti intangibili del proprio lavoro, essere chiari nella comunicazione, essere consapevoli, confrontare più progetti, evitare gli ultimatum, sapere di non essere il centro del mondo, tenersi aperte più porte, scegliere il progetto che fa per sé…

Bello a dirsi. Difficile a farsi. Inoltre, di quale crisi si parla? Ce ne sono molte in essere. Economica. Culturale. Sociale. Valoriale. Personale. E chi più ne ha più ne metta… Ogni ricetta rischia di essere infondata o parziale se non prende le mosse da un’analisi critica, attenta e consapevole dei diversi possibili livelli di crisi che attraversano la persona, l’azienda, lo scenario di riferimento.

Le storie dei vincitori, di chi ce la fa, di chi ne è uscito, quando vengono scovate dimostrano sempre di essere altro rispetto alle ricette del momento. La rivista Wired con il suo esplicito motto Inventa, sbaglia, innova è spesso alla ricerca di queste storie. C’è qualcuno che si è inventato il paradigma manageriale e produttivo della Fabbrica Lenta. L’altro che ha esportato le Arance 2.0. L’altro ancora che per la Laurea si è fatto regalare un terreno coltivabile e ora è diventato milionario producendo e esportando un vino di qualità eccellente. Ci sono infine coloro che si orientano verso le nuove trenta professioni del futuro: dallo spazzino del web … all’esperto di stampanti 3D.

Sono storie di soluzioni uniche, ma accomunate tutte da alcuni elementi chiave. Sono semplici. Insolite. Prendono le mosse dalle persone. Si sviluppano da un’analisi del contingente. Si prefiggono micro-obiettivi, che puntualmente superano le aspettative. Hanno chiara la direzione. Seguono un metodo rigoroso. Sono sostenute dall’impegno, dalla costanza e dalla coerenza.

Ragioniamo ora su un esempio concreto, tutto italiano. Da uno studio accurato (rif. condotto da Contatto Formazione con alcuni partner specializzati) sul settore bancario, uno dei più toccati e tormentati dalla crisi economica, ma soprattutto da un’inesorabile caduta di fiducia da parte dei Clienti, emergono considerazioni interessanti.

L’analisi. I principali problemi delle Banche italiane: raccolta in diminuzione, crediti in contrazione, sofferenze in incremento e esuberi in aumento.

Le possibili soluzioni. Emergono direttamente dall’analisi. Ampliare il business, in una prospettiva di breve-medio-lungo termine, per agire in modo diretto sui nodi critici evidenziati. Diversificare il business, in modo da costruire strategie e offerte commerciali in grado di agganciare target nuovi e più ampi, caratterizzati da necessità diverse e ancora poco note e mappate. Ri-definire i contorni dell’immagine della Banca come interlocutore economico e sociale chiave nel mercato, verso le aziende e verso le persone, recuperando la diffidenza e la fiducia fragile che oggi il sistema bancario subisce in generale. Ri-acquisire un ruolo “sociale” forte, di tipo inclusivo, in grado di rispondere alle esigenze del nuovo “mercato” ma, anche, di favorire una migliore integrazione sociale delle differenze.

Le modalità d’azione. I dati di scenario parlano chiaro. I possibili filoni di intervento sono tre. Innovazione: verso l’interno (nuove tecnologie nel rapporto Banca – Cliente) e verso l’esterno (sostegno alle Imprese innovative). Internazionalizzazione: outflow (servizi finanziari a supporto delle attività di export ed import e dei processi di internazionalizzazione delle aziende) e inflow (servizi finanziari rivolti alla clientela rappresentata da immigrati che vivono in Italia: migrant banking). Diversificazione dei Clienti (attraverso l’analisi della popolazione di riferimento, in base alle tendenze culturali, economiche, sociali, demografiche, religiose dei prossimi 20 anni).

Le priorità d-business. Seguendo il flusso di ragionamento, le priorità d-business della Banche oggi sono tre. Generare l’innovazione interna ed esterna. Accompagnare l’internazionalizzazione delle PMI e diversificare i prodotti/servizi in base ai target di Clienti.

L’esempio riportato sul settore bancario non è una ricetta: è semplicemente il frutto di un’analisi dei fattori di crisi prioritari e della progettazione/impostazione di specifici driver di soluzione. Non segue passi pre-costituiti. Non propone obiettivi insostenibili. Prende le mosse dall’analisi del contingente… È un esempio di d-business.

Uno degli Innova-Lab Contatto è proprio dedicato a d-business, un metodo e un contenitore di iniziative per creare e potenziare un business differente, alternativo, per ora rivolto alle Banche, in futuro anche ad altri ambiti e settori di mercato. Segui il progetto d-business e se vuoi approfondire scrivici su info@incontatto.it

 

Marco Rimedio
mrimedio@incontatto.it